11 novembre 2005

La guerra, l'amore, i motori


Esce il nuovo libro di Baricco. E' il racconto di un uomo che attraversa il secolo da Caporettoa oggi. Con una passione per la velocità. E un sogno nascosto

ROMA - Questa storia di Alessandro Baricco esce domani in tutte le librerie. Nuovo libro, nuova casa editrice, Fandango. Come già anticipato nella raccolta Inizi uscita l'estate scorsa, in questo romanzo si parla di macchine, corse, velocità. O meglio, della passione del protagonista, Ultimo Parri, per quella meraviglia della tecnica che a inizio secolo incominciava timidamente a circolare e che aveva convinto il padre a vendere le sue vacche per aprire un'officina meccanica. Ma ovviamente, ora che il libro è finito, si scopre che c'è molto di più. Ultimo è un ragazzo quando inizia la storia. E' sopravvissuto a tante malattie, al punto che il padre ritiene che sia circondato da un'ombra d'oro che lo rende speciale. Qualcosa muore invece inizia a morire in lui quando il padre rimane storpiato in un incidente d'auto. Un'altra parte lo lascia quando si ritrova soldato a Caporetto. Un'altra parte ancora cambia per sempre quando incontra il suo primo amore. Non si può aggiungere molto altro alla trama perché si rischia di perdere non solo la storia, ma anche i diversi stili (da un post-futurismo iniziale, al dialogo quasi comico, alle storie d'altri tempi come si sentono ancora in certi racconti orali al memoriale al diario) che Baricco utilizza per andare avanti. Ma qualcosa si può dire su questo ragazzo e su quest'uomo che comprende ben presto che due e diverse sono le piste che si seguono nella vita: quelle che tutti si è costretti a percorrere e che tutti abbiamo sotto gli occhi e quelle che si vedono fuori dalle finestre dei ristoranti dove sta passando la Mille Miglia: le piste che vedono soltanto i piloti, le piste che stanno dentro, e che a volte vedono anche gli uomini comuni.

Visto che per tutta la giornata di uscita del libro sarà possibile leggere sul sito della casa editrice le prime 60 pagine, da queste prendiamo una delle più belle e che segna la cesura tra un'infanzia fatta dai sogni che si portava dietro la nuova passioni per la velocità e le automobili e il dolore che da quel momento in poi incomincerà a disegnare nell'anima di Ultimo un circuito automobilistico tutto particolare.

"Ultimo mise il motore al massimo e si chinò sulla moto perché aveva qualcosa da dirle, e voleva che sentisse bene. Le disse che lui doveva arrivare prima della morte, e ce l'avrebbe fatta sicuramente se solo lei si comportava bene. Le disse di guardare come la strada aveva deciso di aiutarli e si era messa tutta dritta perché arrivassero prima. E le spiegò che la bellezza di un rettilineo è inarrivabile, perché in esa è sciolta qualsiasi curva, e insidia, in nome di un ordine clemente e giusto. E' una cosa che possono fare le strade, le disse, e che invece non esiste nella vita. Perché non corre dritto il cuore degli uomini, e non c'è ordine, forse, nel loro andare".

Chi conosce certi cocciuti sognatori come gli eroi di Tim Burton o certi uomini guidati da un'ossessione che si impadronisce di loro a un certo punto della loro vita e li obbliga a procedere su una strada che vedono soltanto loro sa di che cosa si sta parlando. Come il padre di Ultimo che si lascia guidare dall'intuizione apparentemente folle di aprire un'officina per riparare macchine che quasi ancora non esistono, anche il figlio si ritrova a portare avanti il lavoro che qualcuno prima di lui ha inziato. Un sogno da realizzare, un progetto, un'ossessione da portare a termine a ogni costo.
E ogni volta che la vita gli mette di fronte dolore, guerra, abbandono, fuga, intuizioni, amore, Ultimo disegna un'altra curva di un circuito, di una pista nel nulla. E soltanto alla fine si riuscirà a capire dove, in quali punti e secondo quali traiettorie, le strade che stanno dentro coincidono con quelle che stanno fuori.

Questa storia Fandango, 15 euro (il 5% dei diritti d'autore vanno all'associazione CasaOz che si occupa di bambini colpiti da gravi malattie).

Dario Olivero, la Repubblica - 11 novembre 2005