25 agosto 2005

Il terrorismo è viltà - Baricco e Scalfari a confronto

RAVELLO - "Tutto cominciò con un giorno di violenza", dice Omero nell'Iliade riscritta da Baricco. Ieri la guerra eroica tra popoli, oggi il vile terrorismo tra migliaia di persone innocenti. Perché? E' un "animale planetario ferito" che reagisce come sa. Non conosce limiti e ragioni e imbratta il mondo di sangue. La conversazione tra Eugenio Scalfari e Alessandro Baricco, che ha aperto ieri sera gli incontri del Festival di Ravello a Villa Rufolo, non può non prendere il via dall'attentato terroristico al metrò londinese. Ne ricerca le ragioni nelle radici del conflitto tra Occidente e Medio Oriente e li descrive con una efficace metafora: l'orgoglio dei popoli ferito da un conflitto che non è più a viso aperto come quello degli eroi omerici.
Con lo scenario della duecentesca villa che in origine aveva 400 stanze, appartenuta a una potente famiglia di mercanti che Boccaccio aveva reso protagonisti di una delle novelle del Decamerone, il tema della serata doveva essere lo stato della cultura in Italia. Ma la cultura ha il dovere di interrogarsi per spiegare la sofferenza dell'umanità. E così i fatti di Londra hanno spostato il discorso sulla guerra. E se Baricco nel suo ultimo libro, ha riscritto l'Iliade, il fondatore di Repubblica costruisce un racconto epico degli ultimi conflitti contro l'Islam. A questo punto ha senso domandarsi se ci sia differenza tra la violenza degli antichi e quella che ha reso luttuosa questa giornata. È l'incipit dello scrittore che fa da moderatore alla serata, Antonio Scurati.
Scalfari - "L'istinto che anima la violenza e la guerra è identico. Manca tuttavia un dato della riscrittura dell'Iliade che invece per Baricco è centrale, e cioè la bellezza. La guerra in Omero è esteticamente perfetta, ed è celebrata dal racconto. Prima di combattere, gli uomini si ungono e così fanno anche con i loro morti. Oggi non si può dire la stessa cosa. Abbiamo avuto una guerra tecnologica che risparmiava le vite di chi possiede questi strumenti. Chi non aveva le stesse armi, reagiva con il sacrificio della propria vita, per infliggere danno ai nemici. Nemici che spesso potevano essere persone innocenti. I morti delle torri di Manhattan dell'11 settembre 2001, come i passeggeri dei treni di Madrid e oggi di Londra, erano persone qualsiasi che stavano lavorando. Così come molti dei civili che muoiono a Baghdad nella zona sunnita. Questo è un modello di confronto bellico al quale non eravamo abituati. L'orrore che colpisce persone del tutto innocenti assomiglia a quello che nasce per le strade, quando la malavita organizzata spara per colpire un avversario ben preciso e sacrifica passanti e bambini innocenti. Queste cose noi le abbiamo anche in casa. E qualche volta accade che le stesse democrazie, nell'empito della guerra preventiva, soffino sul fuoco e calpestino diritti civili".
Baricco - "Giornate come questa sono sempre paurose. Io in questi casi telefono alla famiglia: è un segnale della paura animale che emerge nonostante la razionalità. C'è chi tende a reagire con la forza. Io no. Meglio l'intelligenza. Penso che noi occidentali semplifichiamo chiamando guerra tutto ciò che di violento sta accadendo, anche se sono convinto che sia una forma riduttiva di comprensione. Più che uno scontro fra nazioni per questioni di confine, di modelli di vita o addirittura di religione, ci troviamo di fronte a un animale planetario ferito, che reagisce. La guerra ha regole da rispettare, persino un suo galateo. Questa invece è una mossa feroce, barbarica che interpreto come un disequilibrio chimico di un corpo che è il pianeta".
Scurati - "In guerra ci sono i duelli: e c'è sempre un vinto e un vincitore. In Iraq sembrava fosse tutto chiaro, in questo senso. Poi si è capito che non era così".
Scalfari - "A un certo punto nel poema omerico i due eroi, Achille ed Ettore, si sfidano a duello, assumendo su di sé tutto il peso di una guerra che avrebbe provocato molti lutti. Oggi l'idea del conflitto tra due capi non c'è. Dopo l'11 settembre Bush formò in una sola settimana una coalizione mondiale a cui aderirono persino Cina e India, per dare la risposta al terrorismo mediorientale. Sembrò una cosa semplice snidare Al Qaeda dall'Islam dei Taliban con una guerra mossa al loro Stato. Guerra che fu vinta in pochi giorni, trattandosi non di vere città, ma di nuclei di catapecchie. Ma i capi dell'organizzazione si squagliarono. Fu inutile cercarli in Siria, sulle montagne che dividono dal territorio dell'Afghanistan. Inutile anche inseguirli e bombardare la montagna dove si pensava si nascondesse Bin Laden. Non li presero.
Stamattina sono rimasto colpito dalle parole di Blair, grande attore: "Non prevarranno". Non poteva essere diversamente. A chi gli chiedeva come reagirà l'Occidente, ha risposto "ora bisogna che le intelligence si scambino le informazioni". Ogni volta che c'è un attentato si dice così. È evidente che non è una strategia produttiva.
Perché c'è stata la guerra contro l'Iraq? Perché al popolo americano non era bastata una guerra con l'Afghanistan, un paese di catapecchie che non aveva neppure opposto resistenza. Allora si costruì l'ipotesi che ci fosse connivenza tra il tiranno Saddam Hussein e Bin Laden. E si buttò giù il primo, ma non per le ragioni per le quali Inghilterra e America si mobilitarono, che sono in seguito state riconosciute da essi stessi come menzogne.
Lo fecero perché avevano bisogno di una guerra. Baghdad era stata per secoli capitale del mondo arabo. E quella americana fu una marcia, non una guerra. Molti innocenti caddero e quel conflitto ha avuto l'effetto di decuplicare il terrorismo e portarlo in Europa. Ci sono state opinioni contrarie alla guerra preventiva, e la mia tra quelle. Comunque in questi territori, nonostante le votazioni per le quali abbiamo gioito, nulla è cambiato".
Baricco - "Anche nelle pagine di Omero sono presenti i due modelli di conflitto, la guerra tecnologica e quella scorretta. Anche questo i greci avevano raccontato, usando il cavallo di Troia per rappresentare il passaggio del valore dalla forza fisica di Achille a quella della parola, di Odisseo. L'escamotage del cavallo segnò un cambiamento: ora si combatteva con l'inganno invece che con coraggio ed eroismo. Nasceva la guerra sporca".
Scalfari - "Dentro il cavallo doveva esserci l'intelligence...".
Baricco - "Se ad Achille avessero proposto di fare l'agente segreto, magari travestendosi da assicuratore, avrebbe rifiutato. La I Guerra mondiale si è combattuta così: nelle trincee come topi, e uscendo fuori i soldati non avevano niente davanti a sé".
Scurati - "In un suo articolo Susan Sontag sottolineò il valore individuale dei terroristi che compiono insieme un gesto infame, sacrificando gli inermi, ma anche un atto di tragico coraggio sacrificando la propria vita".
Scalfari - Se crediamo nel valore della vita, il terrorista commette un doppio omicidio, non vi trovo giustificazione di sorta. Qualificando meglio l'idea plastica dell'animale ferito, acutamente evocata da Baricco, direi che se guardiamo a un corpo ferito, dovremmo pensare all'Africa. Ma lì centinaia di migliaia di persone, schiacciate dal bisogno primario. Un corpo ferito, ma impossibilitato a reagire. I militanti del terrorismo, come sappiamo, invece, appartengono a classi medioalte, che comunque vivono una vita accettabile. La guerra innesca nuovo odio tra le vittime. Ha ragione Baricco: quello che reagisce, però, è un corpo ferito nell'orgoglio".
Baricco - "La guerra tra Occidente e Islam è stata vinta dal primo. Molte guerre sono nate dall'orgoglio, o meglio dall'umiliazione dei vinti".
Scurati - Cosa fare per lenire la ferita?
Scalfari - Intanto bisogna interrogarsi sul perché le grandi religioni monoteiste siano occasione di guerra. È un tema estremamente delicato, ma le religioni che mettono l'accento su verità assolute, perché rivelate, contengono in sé un principio di intransigenza. Si sentono depositarie di una verità assoluta da insegnare agli altri per la salvezza dell'anima. Io non credo nella verità. Esiste solo quella di ciascuno, utile a dare un senso precario alla nostra esistenza. Ma mentre mi do un senso per sopravvivere, devo sapere che quel senso non c'è".
Baricco - "Grandi risposte non ci sono. Forse la moltiplicazione dei semplici gesti, molto simili al comportamento dell'artigiano dell'esistenza. La pazienza che ci ha insegnato il gandhismo. Bisognerebbe ricercare una civiltà di riacquisizione dell'esperienza".
Scalfari - Mi associo all'idea della pazienza come possibile risposta a questa violenza. Bisogna opporre anche al gesto brutale e barbarico un muro di gomma. In caso contrario, la reazione colpirebbe chi ha innalzato il muro di ferro. Alcuni bravi biologi mi hanno spiegato che la nostra specie si è imposta per capacità di adattamento e flessibilità. È la sola arma propria che abbiamo e va usata".

Stella Cervasio, La Repubblica - 8 luglio 2005