18 dicembre 2006

"Il Flauto magico" - Reazioni




Regio, fischiato il Flauto di Baricco


Boato di urla, gli unici applausi alla musica di Mozart
Lo scrittore, già assente durante le prove, ha disertato anche la prima


Burrasca, ieri sera, al Regio per Il Flauto magico con il rifacimento di Alessandro Baricco. Lo scrittore non si è fatto vedere e alla fine, dopo gli applausi unanimi indirizzati ai cantanti, la maretta è cominciata a salire verso il direttore d'orchestra Fabio Biondi mentre, subito dopo, un boato di urla e fischi ha investito regista scenografo e costumista, responsabili solo in parte delle libertà che sono state prese nei confronti del capolavoro mozartiano.

Lo spettacolo è composto da due parti ben distinte: la cornice e il quadro. Il quadro, ossia l'allestimento dell'opera di Mozart, ridotta ai soli numeri musicali, secondo me è molto carino. Il regista Oskaras Korsunovas, insieme allo scenografo Jurate Paulekaite e al costumista Agne Kuzmickaite, lo ambientano sulla pedana rotante di una giostra, riconducendo l'opera alla sua matrice popolare, all'atmosfera viennese del parco dei divertimenti (il Prater) che alimenta il lato comico del libretto di Schikaneder. I personaggi sono ben caratterizzati con mezzi semplicissimi: la giostra illuminata che gira, i costumi da cotillon, la foggia trionfale del costume indossato dalla Regina della Notte, e quello rosso-fuoco di Papageno, creano un carnevale festoso, entro cui la musica di Mozart inietta la sua metafisica bellezza, si apre al mistero, tocca i valori ultimi dell'uomo e della vita, facendo di quella commedia popolare il pilastro portante dell'intera opera romantica. E lo spettacolo la segue, piuttosto bene, anche nei suoi momenti arcani.

La cornice, inventata da Alessandro Baricco, nasce da un'esigenza comprensibile: render più scorrevole, nei teatri italiani, il genere del «Singspiel», cantato e parlato in tedesco con effetti di indubbia pesantezza. Baricco ha scelto, però, la strada più dificile: invece di tradurre e adattare i dialoghi di Schikaneder, che, sia chiaro, funzionano ancora benissimo, ha creato una commediola parallela, fatta dai personaggi di un ipotetico villaggio che osservano e commentano dall'esterno una messinscena del Flauto Magico. Se l'ambientazione popolare ci sta bene, questa tecnica teatrale è rischiosa perché, togliendo la parola di bocca ai personaggi, li svuota della loro corposità drammatica, e i singoli numeri musicali vengono privati dell'azione che li giustifica. Bisogna quindi che la commediola di contorno, in qualche modo, faccia capire al pubblico che cosa sta succedendo, e perché. Questo riesce in modo accettabile sino al finale del primo atto. Il tono del testo è leggero, confidenziale, le battute, quasi infantili, creano un clima da recita scolastica. Un discreto lavoro, dunque, per una divulgazione scanzonata di un capolavoro del teatro musicale.

Nel secondo atto, invece, l'azione parallela di Baricco è del tutto scollata da quella del Flauto Magico, e ignora la straordinaria impennata impressa da Schikaneder e da Mozart alla fiaba popolare che si apre a temi imprevedibili: il rapporto col sacro, il senso della morte, l'educazione del principe attraverso il dominio di se stesso, l'amore etico (Kant), la pace, la bontà innata e l'allegria dell'uomo di natura (Rousseau), la conquista della saggezza, e così via. Questo esprime il libretto di Schikaneder. Escludo che Baricco non lo sappia. Quindi la sua commediola avrebbe potuto mettere almeno sull'avviso gli spettatori: state attenti che qui si cantano cose sempre più importanti. Invece no, nel suo stile scettico-disincantato, il testo recitato butta tutto sul ridicolo, cosicché le pagine sublimi di Mozart, prive delle loro motivazioni narrative, rischiano di sembrare bazzecole, e quelle comiche perdono il loro valore di contrasto. Il risultato è la noia.

L'esecuzione musicale ha valorizzato la partitura. Fabio Biondi, incomprensibilmente contestato, dirige l'orchestra con notevole finezza e mette in mostra in modo inconsueto il meraviglioso comportamento dei fiati. Rachel Harnisch è un'eccellente Pamina, Ingrid Kaiserfeld ha cantato bene soprattutto la seconda aria della Regina, Nicola Ulivieri è un brillante Papageno, Günther Groissböck e Topi Lehtipuu impersonano, rispettivamente, in modo sufficientemente autorevole, Sarastro e Tamino. I quattro attori del gruppo «I turbolenti» si divertono nei panni dei personaggi di Baricco e riescono, ogni tanto, a trasmettere gli intenti comici che il testo cerca di esprimere, trascinando però un po' tutti, alla fine, nella burrasca sopradescritta.

PAOLO GALLARATI - La Stampa, Torino - 13/12/2006

Baricco riscrive "Il flauto magico" / 2

La nota propensione dello scrittore Alessandro Baricco per l'opera lirica si è tradotta nell'originale riscrittura delle parte drammaturgica del Flauto magico, che debutterà al Teatro Regio di Torino martedì 12 dicembre (repliche fino al 24, già tutte esaurite a eccezione dei last minute).
L'autore di Seta ha immaginato che gli abitanti di un piccolo centro dovessero allestire un'opera in occasione della visita di un'importante autorità. L'impresario incaricato dello spettacolo li raduna perciò in piazza, al fine di illustrare le varie scene, assegnando a ognuno il proprio ruolo. In questo modo, attraverso l'artificio del «teatro nel teatro», le vicende di Tamino, Papageno e Pamina tornano protagoniste.

Lo sforzo produttivo compiuto dal Regio con il contributo straordinario di Fondazione Crt ha permesso di affidare la regia dell'opera a Oskaras Korsunovas,giovane regista lituano, recente vincitore del X Premio Europa per le Nuove Realtà Teatrali. Sul podio del direttore d'orchestra salirà invece Fabio Biondi, che alterna la direzione d'orchestra all'attività di virtuoso violinista, già vincitore del Premio Abbiati e fondatore dell'orchestra specializzata in musica antica Europa Galante. Recente vincitore dell'Abbiati è anche il baritono Nicola Ulivieri, che dividerà il ruolo di Papageno con Alex Esposito. La compagjne canora risulta anche composta da Rachel Harnisch (Gemma Bertagnolli) nel ruolo di Pamina, Topi Lehtipuu (Ferdinand von Bothmer) in quello di Tamino, Gunther Groissböck (Pavel Kudinov) in quello del perfido Sarastro e Ingrid Kaiserfeld (Elisabeth Vidal) in quello della Regina della notte. Il Coro del Teatro Regio sarà diretto dal maestro Claudio Marino Moretti.

Tra le curiosità che accompagnano questa nuova e irrituale edizione dell'opera mozartiana, che cade alla fine delle celebrazioni per il 250/mo anniversario dalla nascita del compositore salisburghese, la presenza in scena di quattro attori di cabaret, i Turbolenti, cui è stata demandata la recitazione delle nuove parti create da Baricco. Un esperimento che attende solo di essere sottoposto al giudizio di pubblico e critica.

Baricco riscrive "Il flauto magico"

Intervista ad Alessandro Baricco
«Riscrivendo i dialoghi dell´opera ho inventato una storia diversa»

di Michele dall´Ongaro

È salutare ricordarsi ogni tanto che non c´è nulla di sacro. E che si può benissimo frugare e magari fare un po´ di casino per vedere sotto sotto come è fatta una macchina, come funziona e se continua a funzionare se montiamo i pezzi in un altro modo. Forse Alessandro Baricco, nel riscrivere i dialoghi parlati del Flauto magico di Mozart per la nuova produzione del Regio, aveva in mente proprio questo…

Come è nato questo progetto e perché?

«È nato perché il Teatro Regio aveva pensato di farmi "ritradurre" le parti recitate. A quel punto, parlandone con Marco Tutino, è venuta fuori l´idea che sarebbe stato più interessante riscrivere ex novo quelle parti, visto che sembravano di minor rilievo e vi si poteva dunque intervenire. Ho evitato una semplice modernizzazione, ho voluto fare qualcosa di più drastico, inventare una storia diversa».

Si può definire il suo approccio post-moderno?

«No, il post-moderno è un´invenzione dei non-postmoderni per sottolineare la bizzarria, l´anomalia di questo tipo di atteggiamento e nascondere invece la sua assoluta normalità. È vero il contrario: anomalo è rapportarsi col passato basandosi sull´unica idea che lo si debba riconsegnare al presente tale e quale era».

Che cosa la colpisce del Flauto magico?
«Il tratto squisitamente musicale. Del Flauto magico mi dimentico la storia, assolutamente. Per me il plot, le implicazioni massoniche ed esoteriche sono sempre state un po´ d´ostacolo, non m´importano».

Infatti nel suo testo tutto l´apparato iniziatico, massonico, politico, illuminista è stato semplicemente ignorato…
«Come nel caso dell´Iliade. Quando mettiamo le mani in queste opere è come se traghettassimo qualcosa da una sponda all´altra di un fiume, il fiume della lontananza del tempo. Io credo che non dobbiamo cercare di portare tutto sulla riva opposta, semmai portare qualcosa per rivitalizzarlo, in modo che torni a parlare. Ciò che mi premeva è, ad esempio, il fatto che si tratta di un´opera di divertimento. Ho visto dei Flauti bellissimi ma non ho riso mai… Se non si ride mai si perde una parte molto significativa, che era ben presente al pubblico dell´epoca».

Ha scelto una strada che ricorda un certo cinema italiano, tra Totò, Peppino e Don Camillo, partendo da un meccanismo vecchio come il mondo che è quello del teatro nel teatro…
«Volevo che la matrice restasse, com´era nell´originale, largamente popolare. Ma i materiali con cui è fatta questa storia vengono dalla cultura comune di uno spettatore di teatro d´opera: i matrimoni, il rapporto moglie-marito, il teatro nel teatro… Sono tutte storie già presenti nell´immaginario di quelli che vanno all´opera».

In un paese non meglio identificato un sindaco commissiona a un impresario uno spettacolo da mettere in scena perché arriva un´autorità di riguardo. Nonostante il cambiamento del contesto la ragione per cui ascoltiamo la musica di Mozart è perfettamente spiegata dalla sua drammaturgia.

«Si tratta di strutture che sono in grado di tollerare qualsiasi intromissione, lo erano già in origine. Si può ben immaginare quanti cambiamenti venivano apportati con le improvvisazioni. L´obiettivo principale era quello di far divertire il pubblico. È importante dire che è stata rispettata tale e quale la sequenza tra parti recitate e parti musicali. È stato come ricostruire un orologio, dopo averlo smontato, con dei materiali nuovi, ma l´orologio funziona sempre. È un lavoro d´artigianato puro che mi ha divertito molto. Molto difficile, ma molto bello da fare».

Il suo testo sembra fatto un po´ anche per attirare i giovani, nel lessico, nei riferimenti: Gandalf, Shreck…

«Sarà un privilegio dei più giovani capire battute che gli altri non capiranno! Però non è un Flauto magico fatto per portare i giovani a teatro. È un Flauto fatto per vivere un´esperienza che ho cercato spesso: come risuonerà quell´aria nella testa di uno che ha appena smesso di ridere fino alle lacrime? Perché così io me lo immagino. Sono molto curioso, finalmente, di sentirlo così».

Baricco a Bologna il 20/11

ALESSANDRO BARICCO INCONTRA I LETTORI ALLE OFFICINE MINGANTI
MERCOLEDÍ 20 DICEMBRE, ORE 18
Bologna


L’ex fabbrica ora centro commerciale si trasforma in palcoscenico per presentare l’ultimo libro dello scrittore, “I Barbari”, saggio sulla mutazione in atto della società.
A cura di librerie.coop.

La notizia è certa. I Barbari sono tra noi. Alessandro Baricco, nel suo ultimo saggio intitolato - non a caso - “I Barbari”, che presenterà mercoledì 20 dicembre alle ore 18 presso il centro commerciale Officine Minganti di Via della Liberazione in un incontro organizzato da librerie.coop, racconta la sua visita al villaggio di questa “specie nuova, che ha le branchie dietro le orecchie e ha deciso di vivere sott’acqua”, descrivendo chi sono, come si muovono e cosa vogliono queste popolazioni che stanno trasformando la nostra civiltà, le nostre abitudini, i nostri luoghi naturali. Attraverso l’analisi della mutazione di alcuni capisaldi della cosiddetta civiltà – Vino, Calcio, Libri – lo scrittore si è mosso tra l’impero informatico di Google e la Grande Muraglia cinese, tra la Nona di Beethoven e i ritratti di Ingres, arrivando alla conclusione che “ognuno di noi sta dove stanno tutti, nell’unico luogo che c’è, dentro la corrente della mutazione, dove ciò che ci è noto lo chiamiamo civiltà, e quel che ancora non ha nome, barbarie. A differenza di altri, penso sia un luogo magnifico.”