11 settembre 2006

Video: Ab al Festivaletteratura di Mantova 2006




Alessandro Baricco autore di successi da Castelli di rabbia a Omero, Iliade, da Seta a Questa Storia racconta la sua carriera dove tra lettura e scrittura, trovano spazio anche la musica, la filosofia e l'arte.


Guarda il video


Special thanks to O.P. & Laura Sthlm per la segnalazione ;-)

05 settembre 2006

Stanca di guerra - in scena Lella Costa

Lella Costa porta nuovamente in scena alla Festa dell'Unità di MIlano "Stanca di Guerra", spettacolo scritto di Lella Costa, Alessandro Baricco, Massimo Cirri, Sergio Ferrentino, Piergiorgio Paterlini, Bruno Agostini.

E' un monologo splendido, che oscilla fra l'umorismo e la commozione. Da non perdere assolutamente:

giovedì 14 settembre
Festa dell'Unità, Milano
Fermata MM1 Lampugnano
ore 21:30 ingresso gratuito



E io che faccia faccio? Che faccia si può fare o forse che faccia si deve fare quando si prova ad affrontare un argomento così grande e terribile come la guerra? Che poi non si sa neanche bene dove, come, quando, perché sia cominciata. No, non è vero, in realtà questo un po’ si sa. Anzi, forse all’inizio è stata anche una faccenda relativamente semplice, una roba tipo: "Tu hai la caverna più calda, la donna più pelosa, la ruota più rotonda. Io ho la clava più grossa".
E felicemente ignara della simbologia: "Te la spacco sulla testa, così mi prendo quello che mi piace". Rozzo, ma mica poi tanto. Forse il significato vero, l’essenza della guerra sta proprio tutto qui, visto che alcuni millenni dopo un teorico della guerra, un signore che si chiamava von Clausewitz – nella sua vita si è occupato solo e soltanto di guerra, ha scritto un unico libro intitolato Della guerra, un maniaco –, ha definito la guerra "un atto di violenza attraverso il quale costringiamo il nemico a fare la nostra volontà"; quindi colpi di armi sempre più precise, letali, raffinate.




-La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai militari-


Oh, non è mica una barzelletta e neanche una battutazza che mi sono inventata io: è una frase di Talleyrand.


Fare il militare è un obbligo; la naja, un'esperienza se va bene inutile, se va male devastante; i militari di carriera, un mondo a parte, incomprensibile, con forti sospetti di inutilità.


Il contrario di militare è il civile, ma anche il borghese. Questo deve avergli complicato terribilmente la vita. Non capiscono che società civile e società borghese non coincidono (anni fa, nel corso di grandi manifestazioni di piazza furono immediatamente identificati degli infiltrati dell'esercito che gridavano "Lo stato civile si abbatte e non si cambia", seminando il panico tra gli impiegati dell'anagrafe), ma questa confusione non basta a spiegare, e tantomeno a giustificare, il vero scandalo, la vera atrocità della guerra contemporanea: le vittime civili. Le donne i vecchi i bambini. Le persone, insomma.


Intendiamoci, non è una novità che a lasciarci le penne siano i civili. La guerra antica, la Madre di tutte le guerre, è fatta di saccheggi e stupri e stragi degli innocenti. Però era prima. Prima che l'occidente si presentasse come paladino della civiltà, protettore dei deboli, portatore di benessere, alfiere di giustizia.


Solo che poi vai a leggere i bollettini stilati, metti, da un premio Nobel, e scopri che nella prima Guerra mondiale i morti furono per il 5% civili, per il 95% militari. Insomma si poteva ancora sostenere che i civili erano morti incidentalmente.


Nella seconda, 48% civili e 52% militari - non si poteva più sostenere che i civili fossero morti incidentalmente.


Nelle guerre contemporanee (una a caso, della quale scopriamo l'esistenza giusto perché un calciatore famoso deve andarci a giocare, e vorremo mica correre dei rischi seri), il 10% sono militari, il 90% civili.


Si può ormai sostenere che sono i militari quelli che muoiono incidentalmente...


Come dire... Prima le donne e i bambini...


Chissà che facci fanno quando salgono sui loro aerei con le loro belle divise e vanno a fare dei giri sopra un pezzo di mondo e cominciano a sganciare degli strani fiori metallici, anche belli in un certo senso, che dopo qualche centinaio di metri si aprono, e ne escono tanti oggetti più piccoli, graziosi manufatti che assomigliano in modo ammirevole a delle pietre, dei ciottoli di fiume - ah! La natura, quanti insegnamenti... - e più in alto voli e più ampio è il raggio in cui si depositeranno, e più sarà facile smemorarsene, e neanche tanto colpevole, in fondo, sono andati, si pianteranno nel terreno, perfettamente mimetizzati, innocui, quasi amichevoli; e altri addirittura hanno forma di giocattolo, perché così succederà sicuramente che un bambino lo noterà, lo raccoglierà, lo guarderà per quanti secondi, tre, quattro, dieci.


Gli ultimi secondi della sua vita.


O forse no, saranno l'inizio di un'altra vita, di un surrogato di vita, di una vita scaduta, avariata, una vita senza gli occhi, senza le gambe, senza le mani.


E se va bene incontrerà un chirurgo che viene dall'altro mondo, che forse per espiare le colpe di quel suo mondo ha deciso di andare in giro a ricucire pezzo di bambini... Ma una volta ci ha portato la sua, di bambina, in un ospedale senza l'acqua e senza la luce elettrica, e per spiegarle l'ha portata a vedere, e lei ha capito.


Ha guardato e ha capito.


Per sempre.


Ha capito che la guerra è troppo grande e furba per riuscire a sconfiggerla, ma che questo, almeno questo, deve finire. Che le mine antiuomo sono il più ignobile strumento di morte, il più vigliacco genocidio della storia del mondo - il nostro mondo, quello che Hernan Cortez, avventuriero e giocatore, si è vinto a bocce cinquecento anni fa. Quel mondo che semina dieci milioni di mine antiuomo - dieci milioni di mine antiuomo - sulla terra di tre milioni di esseri umani - curdi.


Fa tre bombe a testa virgola qualcosa, periodico.


Quel mondo che non condanna nessuno... Chi la mina la progetta, chi la produce, chi la vende, chi la compra chi la sganci. E io voglio sapere una cosa sola: voglio sapere come fanno a dormire.


Come fanno a dormire?


Mi dicano come fanno... Avranno anche loro una sera, un tramonto, uno straccio di ora violetta che gli rovini l'aperitivo. Toccherà anche a loro, la notte, gli cederanno le palpebre, per quanta adrenalina riescano a produrre, nonostante tutta la cocaina con la quale vengano pagati. Ci sarà anche per loro il momento di dormire... E allora io voglio sapere, se Macbeth con Montezuma avesse perso... Se Macbeth ha ucciso il sonno: allora io voglio capire come fanno, loro a dormire, come hanno fatto a vendersi anche i sogni, a spegnere ogni memoria, come fanno a non sentire in ogni attimo della loro esistenza la voce di Ecuba che piange - lei che può almeno piangere.


- Deponete per terra lo scudo rotondo di Ettore...
Ma voi, Achei, il cui vanto sono più le armi che il cervello,
perché vi siete macchiati di un delitto tanto mostruoso?
Avete avuto paura di un bambino?
- Dove sono finiti, bambino i tuoi riccioli che tante volte ti ravvivavo,
e le mani, forti , come quelle di Ettore,
adesso siete qui, davanti a me, inerti, infrante...
E, cara, piccola bocca che facevi grandi promesse:
- nonna, mi taglierò i capelli per te e condurrò una schiera di ragazzi,
tutti i miei amici, quando morirai, a salutarti...
Ma tu mentivi, bambino, non sei tu a seppellire me,
sono io, povera vecchia che non ha più patria, né figli
a seppellire il mio bambino...-


(cadono i vestiti)

30x60 - Il magazine della Scuola Holden





30 righe per 60 battutte. Insomma, una cartella. E di cartelle scritte dai nostri lettori, da chi frequenta il sito, dai masteristi e, in genere, da chi bazzica il mondo della Scuola, è fatto questo magazine on line. Che è aperto tutti.

Una vera e propria redazione libera e aperta a tutti, che si incontra ogni 15 giorni, al martedì, dalle 17,30 alle 19,30 alla Scuola Holden.
Troppo lontano?
Beh, la redazione è anche on line. I caporedattori sono Mario Capello e Gianluca Pallaro, il numero di telefono 011 675437.

Inviate il vostro testo o i vostri suggerimenti a 30x60@scuolaholden.it e fatelo in tempo per la riunione di redazione. Perché lì discutiamo sui pezzi da inserire, raccogliamo suggerimenti e ascoltiamo ogni volta storie nuove. Purchè siano lunghe 30 righe per 60 battute.

http://www.scuolaholden.it/magazine/default.aspx

Milano - Oceano Mare a teatro

La Compagnia Teatri Possibili porta in scena al Teatro Libero di Milano (via Savona) dal 26.09.2006 al 16.10.2006 lo spettacolo Locanda Almayer, la bellissima trasposizione teatrale di Oceano mare, con progetto e regia di Gianlorenzo Brambilla.




Credo sia la terza stagione in cui viene riproposto questo spettacolo, e avendolo già visto non posso che consigliarlo molto caldamente. Sono sempre molto scettica quando si tratta di trasferire i libri di Baricco "all'esterno", che si tratti del cinema o del teatro, ma in questo caso non solo non è andato perduto nulla della magia del testo, ma anzi il regista e gli attori sono riusciti ad esaltarne la poesia.

Vi assicuro che vi innamorerete dei 4 bambini della Locanda, come vi siete innamorati di quelli sulla carta, e che non dimenticherete mai più Savigny né l'attore - eccezionale - che porta in scena il secondo libro, quello del naufragio.

"La prima cosa è il mio nome, la seconda quegli occhi, la terza un pensiero, la quarta la notte che viene... "


Io spero di riuscire ad andarci :-)

Per informazioni e biglietteria:

Teatro Libero
via Savona, 10 - Milano
tel.02.8323182
milano@teatripossibili.it

Orari:
dal lunedì al venerdì
11-14 e 15-20
sabato 10.30-13.30

Rai News 24 - Videoincontro con Baricco

Alessandro Baricco: da una storia all'altra

Incontro con il pubblico, Roma, 20006

Ha un pubblico di fans e di fedelissimi che sa incantare, proprio come faceva con il pubblico televisivo: attraverso l’abilità di raccontare, con la voce e la gestualità, con l’uso della stessa sapienza tecnica e dell’attenzione ai dettagli che applica ad ogni suo lavoro.
L’incontro che abbiamo registrato e che proponiamo è quello in cui, a dicembre 2005, presentò alla Fiera della piccola e media editoria di Roma il suo ultimo romanzo, “Questa storia”, incentrato sul mito delle corse automobilistiche, all’inizio del secolo scorso.
In realtà la presentazione del libro veniva affidata a un video suggestivo prodotto dalla Fandango libri, l’ennesima ricerca di forme nuove di promozione e diffusione del libro. Il resto dell’incontro col pubblico era servito a illustrare i motivi della scelta del passaggio da una grande casa editrice, la Rcs, a una molto più piccola, la Fandango, nuovo ramo letterario di una forte casa di produzione cinematografica.
Quattro mesi dopo, Alessandro Baricco, a partire dalle punture di spillo di alcuni critici letterari, ha sfidato apertamente gli usi e i costumi della critica, aprendo sulle pagine di Repubblica un dibattito sul rapporto tra libri e informazione.

A modo suo, cominciando con “Questo è un articolo che non dovrei scrivere. Lo so. Me lo dico da me. E lo scrivo.” Tecnica sicura, collaudata, ad effetto, adatta a suscitare reazioni, a creare risposte, ad allargare i cerchi dell’acqua stagnante. Fino alle prossime trovate.

Luciano Minerva