14 novembre 2005

Presentazione di AB di “Questa storia”.

Tratto dal film di 6 minuti, realizzato da Guido Chiesa (grazie a Valentina che lo ha trascritto quasi integralmente!).

Questa storia è un libro che è nato dalla mia mente alcuni anni fa. Era un periodo che giravo intorno alle automobili, al mondo delle prime automobili. Mi affascinava questo momento aurorale di una cosa che avrebbe poi rivoluzionato la nostra vita. Erano pionieri, erano pazzi, tra le altre cose facevano queste gare, anzi facevano molte gare, e in particolare mi affascinava molto questa idea di dove facevano queste gare, perché assolutamente per anni e anni le avevano fatte sulle strade normali, per cui l’arrivo di queste gare era un’incursione quasi miracolosa, magia, (no?), nella quotidianità della gente ed era anche una cosa pericolosa perché questi mostri uscivano di strada a velocità irragionevoli per le macchine che erano e ammazzavano gente (no?). Però la passione era enorme, e bisogna immaginare che per la gente, che spesso non aveva mai visto un’automobile, l’arrivo della corsa era l’incursione del magico, del miracoloso, del fantastico nella prosa della vita.
Una volta ero a Imola, lì c’è il circuito (no?), mi parlavano di questa gente che lì avevano inventato questo circuito, che l’aveva lì costruito, e mi sono immaginato questa acrobazia mentale che doveva essere stata tanto tempo fa l’idea di fare un circuito. Era un’astrazione mentale, un’immaginare che si potesse riassumere la follia di una gara nell’ordine di una figura chiusa e studiata appositamente per quel gesto, di una strada fatta solo per gareggiare, cucita nel nulla, fuori dal mondo, protetta dal mondo con delle barriere che anche proteggevano il mondo da lei. E tutto questo era tutt’altro che una cosa scontata. E ho immaginato che effettivamente ci sono degli uomini che furono capaci di questo pensiero e mi è venuta voglia di raccontarli.

Insomma in tutto questo mi sembrava di vedere spiegato come in una figura molto limpida, una cosa che a me affascina molto: cioè il nostro rapporto con la sensazione del caos e la sensazione dell’ordine, perché noi siamo perlopiù attirati dal caos che sembra essere una forma di dinamizzazione della vita, una storia di promesse di libertà e però noi siamo terrorizzati. E poi quello ce facciamo, credo, nella vita è perlopiù cercare di mettere in ordine (no?), di tradurre in figure compiute cose inspiegabili o un’accozzaglia di esperienze che non hanno un ordine loro, è questo doppio gesto di fare e disfare che mi sembra molto legato all’umano. Ecco mi sembra ben disegnato a questa figura che di per sé, appunto, sembra banale, ma in realtà è un bellissimo percorso mentale che era quello di creare l’artificialità e l’ordine di una strada nostra solo per gareggiare con le automobili.

E dovendo raccontare l’ordine è molto importante che tu racconti bene il caos, la ferita di cui è cura l’ordine, e qui entra in gioco la prima guerra mondiale e Caporetto, che è un’altra parte importante e grossa di questo libro. Di Caporetto si sa abbastanza poco perché è una storia che noi italiani non amiamo raccontarci o sentirla dire, tutti noi possediamo il termine “Caporetto”, lo usiamo anche nel linguaggio, ma poi in realtà sono pochi quelli che sanno cosa è successo là. Fu Caporetto sostanzialmente un’esperienza vertiginosa di caos per quelli che lo vissero sia nel momento in cui nacque la disfatta sia nel momento in cui si tradusse in una lotta collettiva di centinaia e migliaia di persone. Questa storia dell’ordine e del caos… credo di non avere raccontato altro, in effetti, nei miei libri, ma è anche giusto che sia così, giusto che forse abbiamo uno o due temi che sono quelli per cui siamo nati, e forse è meglio rimanere lì.

E così è venuta fuori questa unica vicenda umana di un uomo che nasce negli ultimissimi anni dell’ottocento e poi muore nel secondo dopoguerra. Un uomo che si chiama Ultimo Parri e che passa attraverso questi mondi: il mondo dell’automobilismo, delle gare, dell’intuizione del circuito, e poi la guerra e poi c’è la vita, gli amori e queste cose che appunto sarebbe un compito infinito ricondurre a un ordine clemente che avesse comprensione di noi.
Ecco questa storia più o meno raccontata è così.